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Parthenope alata: sirene, mito e identità su Monte Echia, antica Acropoli dell’0riginaria città
Perchè rappresentare Parthenope con le ali è fondamentale per scongiurare l’oblio dell’identità culturale di Napoli.
Nella tradizione greca arcaica le Sirene dell’Odissea non erano creature metà donna e metà pesce, come l’immaginario moderno ha fissato, ma ibridi antropo-ornitomorfi: volto e busto femminile, ali, e zampe di uccello. Questa rappresentazione è attestata sia dalle fonti letterarie antiche sia dall’iconografia vascolare greca tra VI e V secolo a.C. e restituisce una visione del mito molto più complessa e profonda rispetto a quella oggi dominante.
Le Sirene erano figure abitavano gli spazi di confine, le “soglie” tra due stati, mondi o realtà, collocate tra cielo, terra e mare, custodi di un sapere assoluto che si manifestava attraverso il canto. Non promettevano piacere, ma conoscenza: memoria, verità, visione totale del mondo. Il loro potere non era erotico, bensì cognitivo. Ed è proprio per questo che risultavano pericolose: non perché ingannavano, ma perché mettevano l’essere umano di fronte al limite della propria capacità di comprendere.
Le tre Sirene di Ulisse e la geografia mitica del Tirreno.
Le fonti antiche tramandano i nomi di tre Sirene, tutte alate:
Parthenope, “la voce verginale”; Ligeia, “dalla voce chiara e penetrante”; Leucosia, “la splendente”.
Secondo una legge mitica diffusa nel mondo greco, se un mortale fosse riuscito a resistere al canto delle Sirene, esse sarebbero state condannate alla morte. Ulisse non le sconfigge con la forza, ma attraverso la mediazione della tecnica e della coscienza: ascolta senza cedere. Il sapere offerto dalle Sirene non viene accolto, e per questo esse si lasciano morire.
I loro corpi approdano lungo le coste del Tirreno, trasformando il mito in geografia reale:
Parthenope giunge sull’isolotto di Megaride, oggi area di Castel dell’Ovo, a Napoli; Ligeia approda presso Terina, nell’attuale area di Lamezia Terme; Leucosia dà il nome a Punta Licosa, nel Cilento.
Questa triade disegna una vera e propria mappa mitica del Mediterraneo occidentale, in cui paesaggio, memoria e racconto coincidono.

Perché le ali della Sirena sono essenziali.
Le ali sono l’elemento decisivo della Sirena arcaica. Esse indicano la capacità di attraversare i livelli dell’esistenza, di muoversi tra visibile e invisibile, di custodire il passaggio tra umano e non umano. Le ali rendono la Sirena una mediatrice, non un mostro.
Confermare l’iconografia di Parthenope con le ali significa restituirle il suo statuto originario di portatrice di sapere verticale, non di seduzione orizzontale. Il canto delle Sirene “viene dall’alto”, da una dimensione che eccede l’umano, e per questo mette alla prova chi ascolta. Senza le ali, questa funzione simbolica si dissolve.
Se Parthenope viene raffigurata priva di ali, non si tratta di una semplice variante iconografica, ma di una trasformazione culturale profonda: la Sirena perde la sua natura liminale, viene territorializzata, addomesticata, resa innocua. Da prova iniziatica si trasforma in emblema decorativo.
L’Antica Acropoli di Parthenope e la responsabilità della rappresentazione.
Ho letto dalla stampa cittadina di una collocazione di una statua di Parthenope sull’antica acropoli di Parhenope. La scelta di una statua in quella location non è un fatto neutro. Le immagini, nella lunga durata storica, plasmano l’immaginario collettivo più delle parole.
Per questo motivo diventa fondamentale che la Sirena rappresentata sull’Antica Acropoli sia alata, come quella originaria.
L’Acropoli è, per definizione, un luogo di soglia. Ospitare una Parthenope privata delle ali significherebbe tradire il senso stesso del mito che si intende evocare. Una Parthenope alata invece restituisce alla città:
la memoria della sua origine mitica tragica e complessa; il legame profondo tra conoscenza, sacrificio e fondazione; la consapevolezza che l’identità nasce da una prova, non da un ornamento.
La statua non dovrebbe solo “abbellire” l’Antica Acropoli, ma renderla intelligibile.
Una proposta concreta: restaurare la Spinacorona o collocare una Parthenope alata già esistente
Nel patrimonio storico di Napoli esiste già una possibilità concreta e culturalmente fondata: il recupero e il restauro della statua originale della Fontana della Spinacorona, oggi conservata nei depositi del Museo di San Martino.
Quella scultura rappresenta una Parthenope ancora ambigua, potente, non completamente normalizzata, e restituisce una lettura del mito più aderente alla sua complessità originaria. Restituirla alla città — attraverso un intervento di restauro e una ricollocazione simbolicamente consapevole — significherebbe compiere un gesto di responsabilità storica e scientifica, riattivando un simbolo autentico invece di produrne uno semplificato.
Non si tratterebbe di un’operazione nostalgica, ma di cura della memoria collettiva e di rispetto per la stratificazione culturale della città.
Va inoltre ricordato che esiste già una proposta di Parthenope alata, realizzata tempo fa grazie ad un giornale on line (Il Sud) e da una rete di associazioni attive a Napoli ( fra cui I Sedili di Napoli) e offerta gratuitamente al Comune di Napoli, senza che a tale iniziativa sia mai seguita — per quanto ci è stato riferito — una risposta formale o l’apertura di un confronto pubblico.
In questo contesto non si intende entrare nel merito della bellezza, della qualità artistica o delle scelte formali della Parthenope recentemente proposta e apparsa sulla stampa: la questione qui sollevata riguarda esclusivamente la simbologia, poiché nel mito — e ancor più nella sua rappresentazione pubblica — la simbologia diventa identità.
Parthenope alata per scongiurare l’oblio dell’identità.
Rappresentare Parthenope con le ali sull’Antica Acropoli di Parthenope non è una scelta estetica, ma un atto di tutela dell’identità culturale di Napoli. Le ali impediscono al mito di ridursi a folklore, alla memoria di diventare consumo, alla città di perdere profondità storica.
In un tempo in cui Napoli rischia di essere raccontata solo per superficie e attrattività immediata, una Sirena alata rappresenterebbe un segno controcorrente: un richiamo alla complessità, alla stratificazione, alla consapevolezza delle origini.
Le ali non servono per fuggire.
Servono per non dimenticare.